Mesi luglio-agosto: affittasi Ashram... con bagno
Occorrono quattro tazze di latte, mezza tazza di panna fresca, un terzo di tazza di zucchero, un terzo di tazza di noce di cocco grattuggiata e un bastoncino di vaniglia (o un pizzico di vanillina). In una grande padella si versa latte e panna. Si porta a ebollizione a fiamma moderata rimescolando di tanto in tanto e grattando il fondo della pentola (antiaderente, altrimenti gli ossessionati delle potenzialità cancerogene delle padelle vi saltano al collo, e vi ammazzano loro, non il cancro). Si lascia bollire il latte per mezz'ora circa. Quando il latte inizia a essere denso, si aggiunge zucchero e vaniglia. Si lascia sul fuoco continuando a mescolare finchè non si passa a immergere un po' del composto in acqua fredda: se si formano della palline soffici, è arrivato il momento di aggiungere noce di cocco e si lascia cuocere altri tre minuti. Si versa il tutto in una tortiera dandogli la forma di un quadrato di pochi centimentri di spessore. Si lascia raffreddare e si serve a temperatura ambiente, a cubetti. Questo è il burfy alla noce di cocco, un tipico dolce indiano. E se per una volta mi sono trasformata in Antonella Clerici de “La prova del cuoco” è perchè il Burfy è davvero squisito. La verità è che di recente mi sono ritrovata a pranzare sul pavimento di un'associazione culturale dove stavo seguendo un corso di Reiki. Pranzo ovviamente vegetariano, dove ci sono state presentate pietanze della cucina tradizionale indiana: riso alla cannella, un composto strano di ceci e lenticchie, verdura apparentemente occidentalizzata ma insaporita da quale spezia misteriosa; il tutto accompagnato da una tisana alla cannella e allo zenzero.Posso dire davvero di aver apprezzato tutto quanto e, al momento dell'indy dessert, di aver fatto anche il bis con questo tortino al cocco, che ora scopro chiamarsi burfy, e che a breve mi metterò a cucinare tra le mura domestiche. A vedere la ricetta non sembra così complicato, anzi. A me ricorda tanto la medesima preparazione ed esperienza culinarie necessarie per scaldare qualche cosa con il Dolce Forno della Harbert. Devo essere sincera: dopo questo pranzo domenicale (il brunch è cosa ormai superata), per circa sette giorni ho fatto spesso avanti e indietro dalla (finemente detta) salle de bains, ma c'è anche chi interpreta questa "liberazione" come depurazione del corpo e dello spirito.
Perchè poi funziona così: si inizia con bruciacchiare dell'incenso in casa, a bere tisane di ogni tipo per drenare, depurare e sgonfiare, non si disdegna il pollo al curry della mensa aziendale e ci si iscrive a un corso di yoga. Fino a quando un giorno, alle vacanze a Bordighera, non si preferisce un periodo di meditazione in qualche Ashram sulle colline abruzzesi.
In tutto questo dove sono? Direo che sono tra il chutney e il curry, con una ventina di minuti di meditazione giornaliera e un viaggio in India da organizzare per natale. E posso confermare che il cibo indiano non mi farà mai male quanto i funghi...
3 Comments:
Me lo preparerai, un giorno, il burfy? :-)
3:56 AM
A tuo rischio e pericolo...
5:48 AM
mi ricordo, solo poche settimane fa, quando scrivere un commento civile era un'impresa per me :-)
9:31 AM
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