09 October 2008

Riflessioni sotto le coperte

Due bicchierini di sciroppo per la tosse (tacca Adulti del dosatore incluso nella confezione) la sera al momento di coricarsi; un bicchierino al mattino, un bicchierino il pomeriggio. Una compressa di Zerinol. Un'aspirina dopo aver fatto colazione. Caramelline al propoli e miele comprate in erboristeria. Spremute di arance, kiwi, LC1 e acqua, acqua, acqua. Latte caldo con miele prima di concedersi alle braccia di Morfeo. Ho l'influenza. Anzi. A essere sinceri è solo una combinazione di raffreddore e tosse perchè, come ho letto ieri su un volantino informativo appeso nella sala di attesa della mia dottoressa di famiglia, si può parlare di influenza esclusivamente quando compare anche qualche linea di febbre.
Le basta sentire la mia voce nasale nel momento in cui le dico Buongiorno e già mi sta regalando, in quella grafia illeggibile che certifica la laurea in medicina, due giorni di malattia, due giorni di vacanza, due giorni di isolamento dal mondo esterno. Chiudersi dentro in casa, tapparsi sotto il piumone e pensare solo a stare meglio.
Da piccola rimanevo tutto il giorno in pigiama. Prima di andare al lavoro mia madre mi trasportava dal letto al divano davanti alla televisione e lì passavo la mattinata in compagnia dei Chips, di quel gran figo di Magnum P.I., delle Charlie's Angels, Arnold, l'A-Team, Riptide e quella trovata geniale di Fantasilandia. Dopo pranzo schiacciavo un pisolo prima di paralizzarmi davanti a Bim Bum Bam e purtroppo, Bonolis in felpa azzurra.
A trentatrè anni ho un televisore troppo piccolo per distinguere John Becker da Poncherello, il palinsesto di Mediaset è alquanto peggiorato e la spremuta di arancia la prendo senza zucchero. Ho una casa tutta mia e mi sento un po' la Ryan in C'è posta per te. Non c'è Tom Hanks a portarmi i fiori, ma c'è chi pensa a rifornirmi di frutta e surplus vitaminico, una vicina di casa che mi chiama dall'ufficio, una nipotina che mi porta a casa l'ovetto Kinder, sono in connessione wi-fi e sogno un giorno di poter lavorare da casa e uscire di casa giusto per portare fuori il cane. In tutto questo... aprirò mai la porta a un medico del controllo dell'Asl?
Chiudersi dentro in casa, tapparsi sotto il piumone e pensare solo a stare meglio. Per un giorno almeno, dimenticarsi il Badge e non dire Buongiorno a chi ci sta perentoriamente sulle palle. Almeno per un giorno, anzi due.

25 August 2008

Palline al cioccolato ai single, crusca alle fidanzate (se antipatiche e stitiche)

Se l'Esselunga di via Papiniano a Milano è rinomata per essere, tra le 19 e le 21, il luogo ideale per incontrare il maggior numero di single e con un po' di fortuna l'eventuale anima gemella, per contrario l'Esselunga di San Maurizio al Lambro sembra essersi trasformata nel primo piano dell'Ikea dove un numero indecifrato di neocoppie ancora in fase idilliaca sono solite contemplare e commentare se sia meglio un divano bi o triposto. Lo scrivo e sostengo perchè ieri sera girovagavo con il mio cestello giallo di fronte al banco della gastronomia quando ho incontrato un vecchio compagno di liceo. Breve scambio di parole: Come sono andate le vacanze, quando è stata l'ultima volta che ci siamo incontrati, Ma deve essere stato due anni fa, Ah sì certo perchè intanto io ho avuto un figlio che ora ha 7 mesi, quindi sì, effettivamente devono essere passati almeno 16 mesi perche non credo di avertene mai parlato di un figlio, giusto? Giusto. Non ho fatto in tempo a incontrare la moglie-mamma che spunta un altro mio amico, che poco prima non avevo riconosciuto perchè troppo impegnato a baciare la fidanzata davanti ai polli allo spiedo. Anche lui, uno dei pochi single convinti che pensavo si sarebbe trasformato in uno scapolo brizzolato in carriera, palesemente accoppiato. Breve scambio di parole, ma questa volta decisamente più impegnativo.
Lui: Come stai? Io: Bene grazie, e tu? Lui: Bene, tu sempre sola? Io: Sì, sempre singola (perchè è la definizione che preferisco. Lui: e con quello di Torino? Basta? (Torino?? Giuro, mai stata con uno di Torino, ma evidentemente sbagliava di città. Io: Torino? Mi sa che ti sbagli (e sorrido pure, odiandolo); comunque singola, va bene così. E stato a quel punto che ha abbassato gli occhi e ha guardato nel mio cestello giallo, perchè sì, a quel punto, avrebbe dovuto (e voluto) scorgere la tradizionale spesa da donna single: Activia 0,1% di grassi, Philadelphia Light, acqua Vitasnella e quanti più finocchi potevano trasbordare dal cestello tanto più avrebbe avuto la conferma che quella davanti altro non era che una single frustrata. Ho abbassato gli occhi anche io, ma con mio grande senso di rivalsa, nel mio cestello l'unico prodotto che dominava su tutti era una scatola da 750 g di Kellogg's Coco Pops, favolose palline extracroccanti al cioccolato che per quanto assomiglino ai sassolini da mettere nei vasi delle piante, sono una vera delizia per il palato. Singola e felice, tiè. Dalla scatola rossa la scimmietta dei Coco Pops sembrava dirmi sorridendo: “Lo abbiamo smerdato il quarantenne in carriera fidanzato, vero?”. Intanto mi presenta la fidanzata, mi trovo una mano molle da stringere e uno sguardo che dice chiaramente: “E chi è sta stronza senza fidanzato che vuole fottermi il ragazzo?”
No, cara, non preoccuparti che il tuo ragazzo lo lascio lì dove lo hai trovato tu; se non mi fa neppure più effetto Indiana Jones che reclamizza il film in uscita sulle confezioni di cereali, e lo ignoro per una scimmmetta che mi sorride, devo davvero essere stata colpita dalla sindrome da Peter Pan. In tutti i sensi.

08 July 2008

GAME OVER

Lavori in corso
Il mondo di Achille tornerà non appena il mio PC tornerà in vita.
...sempre che nel frattempo non lo abbiano rubato gli zingari di San Maurizio al Lambro.
A presto (spero).
Gaico

11 June 2008

INDOVINA CHI... si dimette?

Non so se sia stato più utile Indovina Chi?, Crack, Trabocchetto o Life per capire, arrivata a questo punto della mia vita da piegata in ufficio, le reali dinamiche aziendali. Oggi, ripensando alle regole e alle finalità di certi giochi in scatola della MB Giochi, ho la certezza di aver trascorso tutte quelle ore di pomeriggi interamente dedicati al gioco da tavola in maniera proficua, perchè oggi, quello che vedo accadere intorno alla mia scrivania, per quanto non possa dire mi lasci indifferente, è qualcosa a cui sono preparata. Come lo scompiglio aziendale delle ultime settimane. Che qualcuno si dimetta in un posto di lavoro non c'è nulla di strano. Che da UNO si arrivi a un intero reparto, a un gruppo grigliata o a un gruppo Vacanze Valtur, allora diventa già più insolito. Tutto è partito da un collega che a pochi giorni dalla scadenza del suo contratto a tempo determinato, decide che debba essere l'azienda a prendere contatti con lui per discutere del suo futuro professionale. Peccato che l'azienda si aspettasse che fosse lui ad appropinquarsi alla porta dell’Ufficio del Personale. Risultato: un dipendente e un datore di lavoro che hanno passato giorni e giorni a studiarsi come due iguane immobili a prendere il sole e una prima tesserina di Indovina Chi? Inevitabilmente è stata buttata giù. Trac! Lo tsunami aziendale si è poi sviluppato su certe questioni di libido che hanno portato il responsabile del personale a provarci nei locali dei bagni con un'impiegata dell'ufficio amministrazione. Vuoi che i primi tepori primaverili non portino un cinquantenne a sragionare davanti a certe gonnelline da manga giapponese e a fare la figura del perfetto pervertito? Risultato: impiegata allontanata dagli uffici dove il maniaco del personale sostava per otto ore al giorno distratto dall'avvenente collega. Grazie a dio esiste un regolamento del gioco e non è sempre il sesso debole a rimetterci: il suddetto responsabile (di danni, più che del personale), l'uomo dalle mani tentacolari, dovrebbe a breve sparire insieme alla sua tesserina. Trac! Nel frattempo si dimette anche la responsabile del reparto grafico. Dimissioni in principio discusse e discutibili per via di precedenti misteriosi, che in passato avevano visto qualcuno dimettersi per andare in vacanza, per poi ritornare in ufficio senza timbrare ma con un po' di timbri sul passaporto. Chi vivrà vedrà, intanto se questa si fa le vacanze, chiamala scema... Reparto EDP: il primo a dimettersi viene invitato dal supercapo a “farsi pure delle vacanze e di pensarci su prima di prendere la decisione definitiva” (quasi, quasi domani mi dimetto pure io e parto per Capo Verde), ma considerata la determinazione del giovane e intraprendente ex-piegato, altro da fare non rimane che tirare giù un'altra tesserina. Trac! Tuttavia, un reparto che ha sempre lavorato e collaborato bene insieme rimane unito anche a fine partita. Un po' come quando alla domanda “Ha gli occhiali?” e la risposta era “No”, si buttavano giù tutti i quattrocchi ancora in piedi: Joe, Sam e compagnia bella. Tutti insieme. Alla fine mi chiedo se quelli che rimangono in piedi (figurativo, perchè di fatto rimangono seduti alla propria scrivania) non siano tutti degli stronzi. Perchè va bene quando se ne va via qualcuno che non stimi poi così tanto, soprattutto se tende ad allungare le mani, ma quando va via qualcuno che rispetti e anche qualcosa di più, qualche dubbio sul rimanere, ti viene.

12 May 2008

Mesi luglio-agosto: affittasi Ashram... con bagno

Occorrono quattro tazze di latte, mezza tazza di panna fresca, un terzo di tazza di zucchero, un terzo di tazza di noce di cocco grattuggiata e un bastoncino di vaniglia (o un pizzico di vanillina). In una grande padella si versa latte e panna. Si porta a ebollizione a fiamma moderata rimescolando di tanto in tanto e grattando il fondo della pentola (antiaderente, altrimenti gli ossessionati delle potenzialità cancerogene delle padelle vi saltano al collo, e vi ammazzano loro, non il cancro). Si lascia bollire il latte per mezz'ora circa. Quando il latte inizia a essere denso, si aggiunge zucchero e vaniglia. Si lascia sul fuoco continuando a mescolare finchè non si passa a immergere un po' del composto in acqua fredda: se si formano della palline soffici, è arrivato il momento di aggiungere noce di cocco e si lascia cuocere altri tre minuti. Si versa il tutto in una tortiera dandogli la forma di un quadrato di pochi centimentri di spessore. Si lascia raffreddare e si serve a temperatura ambiente, a cubetti. Questo è il burfy alla noce di cocco, un tipico dolce indiano. E se per una volta mi sono trasformata in Antonella Clerici de “La prova del cuoco” è perchè il Burfy è davvero squisito. La verità è che di recente mi sono ritrovata a pranzare sul pavimento di un'associazione culturale dove stavo seguendo un corso di Reiki. Pranzo ovviamente vegetariano, dove ci sono state presentate pietanze della cucina tradizionale indiana: riso alla cannella, un composto strano di ceci e lenticchie, verdura apparentemente occidentalizzata ma insaporita da quale spezia misteriosa; il tutto accompagnato da una tisana alla cannella e allo zenzero.
Posso dire davvero di aver apprezzato tutto quanto e, al momento dell'indy dessert, di aver fatto anche il bis con questo tortino al cocco, che ora scopro chiamarsi burfy, e che a breve mi metterò a cucinare tra le mura domestiche. A vedere la ricetta non sembra così complicato, anzi. A me ricorda tanto la medesima preparazione ed esperienza culinarie necessarie per scaldare qualche cosa con il Dolce Forno della Harbert. Devo essere sincera: dopo questo pranzo domenicale (il brunch è cosa ormai superata), per circa sette giorni ho fatto spesso avanti e indietro dalla (finemente detta) salle de bains, ma c'è anche chi interpreta questa "liberazione" come depurazione del corpo e dello spirito.
Perchè poi funziona così: si inizia con bruciacchiare dell'incenso in casa, a bere tisane di ogni tipo per drenare, depurare e sgonfiare, non si disdegna il pollo al curry della mensa aziendale e ci si iscrive a un corso di yoga. Fino a quando un giorno, alle vacanze a Bordighera, non si preferisce un periodo di meditazione in qualche Ashram sulle colline abruzzesi.
In tutto questo dove sono? Direo che sono tra il chutney e il curry, con una ventina di minuti di meditazione giornaliera e un viaggio in India da organizzare per natale. E posso confermare che il cibo indiano non mi farà mai male quanto i funghi...

15 April 2008

Mettere la porta (o alla porta): questo è il problema...

Posso giustificarmi dalla lunga assenza su queste pagine raccontando che ero troppo presa dal restyling della mia mansarda, impegnata ad ascoltare preziosi consigli di designer e architetti e a sfogliare riviste di arredamento con la stessa frenesia di una trentenne prossima al matrimonio alle prese con i cataloghi di vestiti da sposa? No. Sarebbe una grandissima palla, come tante se ne sentono in giro, come tante se ne raccontano. Però qualche cambiamento in vista c'è, veramente. Tra due settimane avrò una casa verde, giusto per una questione di coerenza con il mio Blog e la mia pancia. Pareti e piastrelle verdi, piante sempreverdi e verdi accessori. Se è vero che si assorbono i colori che ci circondano, a breve la mia pancia non sarà l'unica parte verde del mio corpo. Non è l'unico stravolgimento a cui avevo pensato: ho una questione aperta anche con le porte. Non mi piacciono, ma non posso negare che siano necessarie, soprattutto quando si va al bagno (giuro, anche chi vive solo preferisce chiudere la porta se impegnato in attività per cui occorre abbassarsi i pantaloni). Su quattro porte che avevo in casa una è già finita in cantina. E' la stessa porta che aveva intrappolato un'intera giornata il mio gatto Achille nella zona notte, per essersi chiusa a causa della corrente d'aria in casa mentre non c'ero (ciotolina e vaschetta-toilette erano nella zona giorno... ops). Al rientro a casa era lì che grattava alla porta per farsi aprire. Un'altra volta lo lasciai fuori dalla porta, uscendo di casa per andare al lavoro. Questa volta venne recuperato da una fortuita e attenta vicina di casa.
Rimane che vorrei un loft: non mi piacciono le porte, vorrei lasciarle sempre aperte, non essere costretta a chiavi e serrature. Avevo pensato anche a fare una porta ad arco, così da scordarmi per sempre di rimetterci una porta. Così una sera, trovandomi in pizzeria con uno che ne sa perchè è architetto per davvero, gli ho buttato lì la mia idea. Ho dovuto cambiarla all'istante quando mi ha risposto con un'espressione che volutamente voleva tradire il suo disgusto: “Ah bello, come quello là in fondo alla sala”. Viva l'onesta, le poche volte che si incontrano persone sincere, forse riuscirò a non trasformare casa mia in un ambiente da pizzeria da asporto. E mi terrò le mie porte, pronte a chiudersi se necessario, pronte a riaprirsi se sentirò grattare dietro. Pronta a prendermi il rischio di dare un giro di chiave e buttarla alle spalle, se inizio a diventare verde dalla rabbia per tutte le palle che sento raccontare.

27 March 2008

Chasing Pavements