L’abito non fa il monaco, ma l’impiegato sì
Nei giorni scorsi, la casa editrice per cui lavoro, si è trasferita in una nuova sede. Per quanto i dipendenti non si siano dovuti occupare del trasloco, ma che per questo sia sopraggiunto in loco il cargo dei F.lli Molinari & traslochi, ciascun dipendente si è occupato dell’imballaggio e dello sballaggio delle cose personali.
Per cose personali si intendono oggetti vari, indispensabili sul lavoro come la fotografia incorniciata del furetto, la mug portamatite, le sorpresine dell’ovetto Kinder sistemate in fila sul monitor, spazzolino e dentifricio postprandiali e le foto del neonato di famiglia attaccate a mo’ di tappezzeria dietro la scrivania, quando già non ne compare una come sfondo del desktop.
Mentre preparavo il mio scatolone sentendomi un po’ una Melanie Griffith appena licenziata in Una donna in carriera, ho scambiato uno dell’amministrazione per uno dei fratelli Molinari. Non che ci somigliasse, più che altro per come era vestito. Questo collega è un tipo molto silenzioso (rara qualità negli ambienti lavorativi), molto riservato, sempre in giacca e cravatta. Tuttavia per l’occasione, venerdì si è sentito finalmente libero di rispettare l’usanza del Casual Friday e di presentarsi in ufficio in jeans e New Balance ai piedi. Questo… venerdì. Dopo il week-end lunedì è tornato in jeans e New Balance. Martedì, jeans e New Balance.
Tre Casual Days impiegati in attività che nulla hanno avuto a che fare con i paduli amministrativi, e il giovane amministrativo si è calato a perfezione nella parte del capocantiere e dell’addetto traslochi.
Ma quello che più mi ha colpito è che aveva cambiato faccia. Potete immaginare l’espressione stampata in viso del collega appena tornato da una settimana a Santo Domingo? Destinata sì , a sparire dopo dieci minuti di lavoro, dopo la prima telefonata di uno scassa-bip e dopo il primo caffè della macchinetta ma, inizialmente, distesa e serafica.
Dalla mia scrivania l’ho visto passare con cassette degli attrezzi, quasi portasse in mano una confezione di Meccano appena ricevuta a Natale; è passato con scatoloni, lampadine, rotoli di carta igienica per non lasciare sforniti i bagni nuovi, ma sempre con una serenità da centro villeggiatura Hatha Yoga. Finchè, nel giorno dell’inaugurazione ufficiale della nuova sede, non l’ho rivisto in giacca e cravatta, senza Meccano e già sfrattato dal Nirvana raggiunto in New Balance.
Questo mi fa pensare davvero che tutto possa ricondursi all’abito che si è costretti a indossare per presentarsi in ufficio ogni giorno, perché se fosse per l’impiego vero e proprio, sarebbe ancora più grave e finirebbe in breve tempo in un altissimo consumo di Prozac. Se penso alle divise poi, capisco come mai i dipendenti di McDonald’s non siano cosi cortesi con i clienti e perché quelli di Blockbuster tentino sempre di farti pagare un ritardo di consegna (ma solo quando ti ripresenti la volta successiva e ormai ti sei scordato se effettivamente eri in ritardo nel restituire il DVD). La divisa non piace a nessuno. Certo ti toglie dall’impiccio di dover pensare ogni giorno a cosa metterti per andare a lavorare, ma riporta la memoria al tanto odiato grembiule delle elementari. Giacca & C. renderanno un individuo più presentabile, oltre a nascondere la panzetta di certi personaggi, ma se delle New Balance tolgono il grigiore dell’essere impiegato, ben vengano. Non c’è cosa peggiore che mettersi nei panni degli altri (quelli che ti impone il tuo datore di lavoro). E non c'è cosa peggiore che imporsi di essere qualcun'altro, quando si è in mezzo ad altre persone.