31 July 2007

UNICO, il mago di CAF (II)

Non è facile riprendersi da certi affronti e sgarbi (sì anche da lui, nell’eventualità di urtarlo per sbaglio in strada, ma in questo caso mi riferisco alla Strega), così mi ci vollero tre settimane per riprendermi e per riprendere le carte della mia Dichiarazione dei redditi in mano, questa volta non più sotto la veste di 730, ma sotto quella di UNICO. I tempi stringevano e tanto per cambiare, ero in ritardo sulla lunga strada lastricata con mattoncini gialli, intrapresa dopo l’incontro con la strega All’improvviso, lungo il cammino, mi trovai di fronte a un bivio. Da un lato, un’indicazione per raggiungere CAF, strada che avrei dovuto seguire secondo le indicazioni e i preziosi consigli del Buon uomo del Sud incontrato pocanzi; dall’altro lato, una strada apparentemente più breve, con un cartello che indicava: Fisconline. Una massima giapponese dice che quando ti trovi di fronte a un bivio dovresti prendere la strada che ti sembra più difficile e tormentata perché con ogni probabilità sarà quella da cui imparerai più cose. Io imboccai quella di Fisconline.
Fisconline è un canale per i contribuenti che amano sfidare la sorte. In pratica si tratta di registrarsi on line, compilando un modulo di richiesta, dove la persona fisica che intende dichiarare i propri redditi dichiara in primis le proprie generalità. Fin qui niente di male. Il sistema di Fisconline, eseguiti i necessari controlli sulla persona fisica, fornisce le prime quattro cifre di un codice PIN necessario per accedere ai servizi di Fisconline.
Le prime quattro cifre del Codice PIN si ottengono telefonando a un Numero Verde e fornendo il proprio codice fiscale di sedici caratteri convertito in cifre. Semplice, no? Tanto on line si trova una tabellina che permette di dilettarsi in questa trasformazione e di ottenere un nuovo codice numerico di sedici cifre. Divertente come le parole crociate concentriche della Settimana Enigmistica iu-uh.Dopo aver contattato il Numero Verde ci si ritrova in tasca con 4 cifre e un altro numero: la domanda di abilitazione. La mia era: 00040494740. Giusto per essere identificati un po’ meglio dall’Agenzia delle Entrate. Per quanto ignari, di quando potrebbe tornare utile questo numerello, meglio annotarlo da qualche parte. Uno scontrino, uno scottex... Non si sa mai. D’altronde in cantina ho ancora un paio di scarponi da sci Lange.
Peccato però che il Codice PIN sia composto da 10 cifre, e che le restanti 6, con in più una password per il primo accesso a Fisconline, debbano essere inviate dall’Agenzia delle Entrate al diretto interessato tramite posta, entro 15 giorni (uah uah uah).
Mmh … è un’impressione o a poco a poco l’atmosfera ovattata da favola sta scomparendo? Forse era meglio andare al CAF. Di questo passo, mi troverò nella cassetta della posta un cryptex a cui dedicarmi cerebralmente per un’intera settimana.

To be continued...

20 July 2007

UNICO, il mago di Caf (I)

Dorothy abitava in mezzo alle grandi praterie del Kansas, con lo zio Henry che faceva il fattore e la zia Em che faceva la moglie del fattore. No, quella era un’altra storia. Era il 16 giugno scorso, ore 8.45 del mattino: ultimo giorno per la consegna della Dichiarazione dei Redditi. Con il mio bel modello 730 in mano e scarpette rosse ai piedi mi incamminai lungo un marciapiede lastricato di mattoni gialli verso una sezione del CAF, nella ridente cittadina di Cologno Monnezza, abitata in prevalenza da Munchkin del Sud. Avevo un appuntamento. Poteva andare storto qualcosa? Un tifone improvviso? Uno tsunami nelle acque del Lambro? L’animo era quello di un Cappuccetto Rosso in mezzo al bosco, ma i guai non arrivano solo quando le case atterranno sopra delle streghe. I guai sono anche peggiori se invece di atterrarci sopra, ne incontri semplicemente una. Se, insomma, ad aprire la porta del CAF è un trentenne sciatta, infelice, frustrata e piuttosto bruttina.
Strega: (Con aria sprezzante, squadrandomi dalla testa alla punta delle mie scarpette): “Lei ha appuntamento?”
Io: “Certo”
Strega: “Vediamo”

Strega: (Piuttosto schifata dal mio modello 730, manco ci fosse della melma sopra, soffermandosi sulla prima pagina): “Ma qui è tutto sbagliato”
Io: “Come tutto sbagliato?”
Strega: “Sì. Tutto sbagliato”
Io: “Ma COSA, è sbagliato?”
Strega: “Eh, non posso dirglielo!!”
Io: “Come non può dirmelo?”
Strega: “No, altrimenti è assistenza totale, mi deve 75 euro”
Io: “Ma il modulo è compilato come l’anno scorso. E l’anno scorso non ho avuto problemi”
Strega: “Eh no. Qui è tutto sbagliato!”
Io: “E se non lo consegno oggi. Cosa succede?”
Strega: “C’è l’UNICO”
Io: “Va bene. Grazie e arrivederci str…."

Mi alzai e mi ritrovai in strada. A volte, pur di non dare la soddisfazione ad una persona cattiva, perfida quanto una Strega dell’Est, e che inevitabilmente puoi incontrare sulla tua strada, puoi addirittura preferire una rottura di scatole in più: un’altra dichiarazione, un altro modello sconosciuto, che con ogni probabilità verrà sottoposto a un altro personaggio maligno. Di orchi e streghe è davvero pieno il mondo, è comprensibile, bisognerebbe tenersene alla larga quanto possibile. Lavorare al CAF forse non è l’aspirazione che si può avere da bambini. Astronauta, pompiere, ballerina, cantante, calciatore miliardario, moglie del fattore, ma impiegato al CAF non l’ho mai visto comparire tra i sogni del “cosa farò da grande”. Perché un’insoddisfazione sul piano professionale di un estraneo deve ricadere su un altro individuo? In particolar modo se l’altro individuo è un Munchkin che si è fatto già due paioli a fare la Dichiarazione dei Redditi? A mali estremi, estremi rimedi. Uscendo dal CAF, mi si avvicinò un Munchkin pensionato, con camicia mezze maniche e bottoni tirati sopra la cinta e forte accento pugliese:

Uomo: “Quand’è così deve andare a un altro CAF”
Io: “Quale altro CAF?”
Uomo: “Deve camminare. È un viaggio lungo, attraverso un paese ameno, a volte cupo e terribile. Incamminati sulla strada lastricata di mattoni gialli che costeggia il Naviglio. A Melchiorre Gioia trova il CAF. Qui troverà l’UNICO”
Io: “E cos’è l’UNICO?”
Uomo: “È un modello divertente da compilare (c’è anche l’assistenza on line se le aggrada). È divertente quanto il Sudoku fatto in una piazzola per pic-nic sull’A4 ad agosto, se ci si mette di buona volontà”.
Io: “Grazie buon uomo. Seguirò il suo consiglio”

Così salutai il Buon Uomo del Sud e mi misi in cammino, sulla strada di mattoni gialli, pronta ad affrontare l’UNICO...

To be continued…

12 July 2007

Uscire allo scoperto

Devono essere passate due settimane dall’ultima volta che ho messo piede in questo blog. Cosa che credo sia avvenuta solo nei primi giorni di vita di questo spazio, nell’agosto di un anno fa, quando me ne andavo in ferie a poltrire. Questa volta non ero in vacanza, bensì inbloggata (bloccata a scrivere sul blog) da ben altre vicissitudini. Situazioni e condizioni in cui mi sono trovata a pensare a come spesso risulti difficile, se non impossibile, uscire allo scoperto. Non intendo dire che ho problemi a uscire di casa, sia chiaro, ma quante volte ci si trova a nascondere qualcosa, ad avere un segreto, quando va bene, o ad averne più di uno? E i motivi? Le ragioni per cui si nasconde qualcosa sono innumerevoli.
Se ti trovi nella situazione in cui l’hai fatta grossa (omicidio colposo, rapina in banca, tradimento extraconiugale, retromarcia senza guardare nello specchetto retrovisore con conseguente botto, etc.), con ogni probablità tenderai all’omertà assoluta.
L’idioma d’oltremanica insegna. Hanno definito “white lies”, le bugie che non fanno male a nessuno, a cui si ricorre per quieto vivere. Quindi si può decidere di non uscire allo scoperto anche a fin di bene, per non offendere o recare danno al prossimo. Tuttavia, non sempre è possibile. Basti pensare a quando alle elementari si facevano le squadre durante l’ora di ginnastica: i due capitani delle squadre sceglievano a turno i compagni di gioco e, guarda a caso, gli ultimi a non essere scelti erano sempre gli stessi; così il fatto che non fossero proprio bravi a giocare a Palla prigioniera, era palesato chiaramente a tutti i presenti.
Uscire allo scoperto comporta un po’ di coraggio, anzi, parecchio. In gergo popolare, si tratta di avere le palle o i controcoglioni. Non è facile tradurre i propri pensieri in parole, non è semplice trovare il momento più idoneo per farlo, è impossibile adivinare la reazione dell’interlocutore (escluso il caso di un omicida che si costituisce alla caserma dei carabinieri, dopo aver fatto secca la moglie in una notte d'estate). E il problema è proprio qui. Uscire allo scoperto è un po’ come mostrare il fianco. Le cose sono poi diverse se, è per aver mostrato troppo il fianco che occorre uscire allo scoperto ma, ad ogni modo, messa in pratica la strategia dell’ignorante, tradotto per semplicità d’uso in strategia dell’ignorri o gnorri, se ne esce sempre in qualche maniera. Non si esce allo scoperto perché si teme una reazione inaspettata, una reazione ben lontana da quello che vorremmo; si teme il giudizio, uno sguardo più espressivo delle parole o un esplicito silenzio. Per questo, anche oggi, aspetterò a chiedere ferie al mio capo.