Processo di criomacerazione in corso

L’intolleranza verso le temperature estive si traduce in una corsa all’acquisto di condizionatori, ventilatori e pinguini; e non si tratta di casi di adozione a distanza dell’ultimo animale monogamo esistente sulla terra, perché per il momento nessuna ONG si è ancora preoccupata di creare tale opportunità; probabilmente perché i pinguini, un po’ impacciati nella coordinazione dei propri arti, avrebbero delle difficoltà a scrivere una letterina di ringraziamento ogni sei mesi, tanto meno riuscirebbero a fare un disegno decifrabile dopo i saluti e i ringraziamenti finali.
Io, un pinguino, lo adotterei subito. Gli pagherei il biglietto solo andata Polo Sud - MXP, lo aspetterei in aeroporto e caricandomi la sua valigetta di cartone in macchina e lo porterei a casa mia. Mi manca però la vasca da bagno e il coraggio di doverlo tenere nel lavandino della cucina per rammentargli di tanto in tanto, cosa significa farsi un tuffetto al largo.
Congelare per preservare, difendere, per mantenere paradossalmente qualcosa in vita, o per garantirne una futura, se si decide che lavoro e carriera sono più importanti. Congelare per controllare, reprimere, frenare e contenere un processo in atto fuori dal proprio controllo, un processo di criomacerazione di sentimenti in piena regola, per quanto non so cosa ne possa venire fuori di buono. Non riesco proprio a schierarmi, se sia giusto o sia sbagliato, convinta che difendersi dall’esterno sia congenito, ma che fatto in modo estremo, non sia naturale. In confronto, adottare un pinguino è una passeggiata di salute. E mentre il frigorifero di casa segna correttamente la temperatura ideale di conservazione degli alimenti a 4°C e un Pinguino (non quello che sguazza nel lavandino della cucina) butta fuori aria refrigerante, l’Artico continua a sciogliersi.
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