
Probabilmente si starà rivoltando nella tomba, ma la sensazione di una rivincita il più delle volte è impagabile, da far resuscitare i morti potrei dire.
Quirino Cristiani rimarrà sotto terra, ma un po’ di giustizia gli è stata fatta. Chi è costui? Il buon Quirino era un italo-argentino, il primo al mondo ad aver realizzato un lungometraggio d’animazione nel lontano 1917. E non solo. Dopo quattordici anni Quirino bissò il record con il primo cartoon lungo sonoro della storia del cinema, con più di un lustro di anticipo su
“Biancaneve e i sette nani”. Insomma, al caro Walt Disney gli avrebbe fatto volentieri
du’ pippe. E perché nessuno se ne è mai accorto? Beh, vuoi una certa dose di sfiga e poi Quirino non c’azzeccava con i nomi: prima di tutto con il suo, ma lui che c’entrava? E poi le sue due opere che si chiamavano rispettivamente
“El Apòstol” e
“Peludòpolis”. Dove poteva andare con due nomi così? Almeno Disney ha inventato Mickey Mouse, Donald Duck, Goofy, Huey, Dewey e Louie (Qui, Quo e Qua), Ely, Emy ed Evy (le figlie di Paperina, forse per inseminazione artificiale, da non confondere con la moderna
Gaia, di cui vado particolarmente fiera, introdotta in tempi moderni nelle
Ducktales.
Tornando al nostro regista, “El Apòstol” me lo posso solo immaginare letto nell’ora del catechismo e “Peludòpolis” potrebbe essere l’ultimo take-away illirico aperto in viale Padova. E non aggiungo altro. Ma a parte la questione dei nomi, Quirino non è stato per nulla fortunato: le sue due opere sono andate distrutte in un incendio. Punizione divina per i nomi affibiati alle opere? O forse evento doloso causato da chi non apprezzava il suo cognome? Bah. Fatto sta che un giorno, tale
Giannalberto Bendazzi, autorevole esperto mondiale di cinema d’animazione e altro nome discutibile, lo intervistò. Era il 1980 e da quell’incontro venne fuori un libro, oggi introvabile, che recentemente un editore ha deciso di ripubblicare con un titolo decisamente ad effetto:
“L’uomo che anticipò Disney”. Sti' cazzi.
Quirino oggi avrebbe novant’anni. L’articolo che ne parla non accenna alla sua attuale condizione, ma io credo proprio che sia morto. E poi è un classico: qualcuno diventa famoso per
tre metri sopra il cielo, qualcuno nel trovarsi tre metri sotto terra. Lui ha sbagliato i nomi, ma se l’operato è buono, prima o poi viene fuori; e se non lo è, schiatta sotto i ferri. Io spero che il buon Quirino si sia soprattutto divertito, che abbia lavorato per pura passione. E credo che lo abbia fatto perché quando i risultati sono buoni, sotto sotto c’è l’amore verso le cose che si fanno. Avrebbe meritato un’occasione, ma qualcuno dice che i treni non passano due volte, è tanto se passano una volta, e se passassero in orario sarebbe anche meglio. Quirino, rimani sempre l’uomo che ha anticipato Disney e se becco il
“making of” di “Peludòpolis”, prometto che me lo guardo mentre ceno a base di pita e Tzatziki. A proposito di treni, mi sono ricordata che devo fare un reclamo all’Eurostar.